L’intervento di Giuseppe De Lucia Lumeno, Segretario Generale Assopopolari pubblicato su “Italpress”
“L’idea era quella d’introdurre un’imposta comune a tutti i Paesi dell’Unione Europea, come primo passo verso un sistema fiscale unico. Un sistema fiscale che non solo permettesse l’integrazione dei singoli Paesi comunitari e rendesse loro disponibili le risorse necessarie per affrontare eventuali momenti di crisi ma, soprattutto, un passo nella costruzione di una nuova, reale e autonoma entità, cioè l’Europa. Non solo un semplice, seppur utile, coordinamento fiscale, ma il tentativo di andare un po’ avanti rispetto alla sola ‘unità’ realmente realizzata, quella della moneta. La base, da un punto di vista fiscale, per la costruzione di un’area economica omogenea. Quel primo passo, a dire il vero molto incerto e traballante, non solo è rimasto unico ma oggi rischia di essere del tutto cancellato come conseguenza della Brexit. Stiamo parlando della Tobin Tax che si tentò di introdurre in Europa, contro la speculazione finanziaria e come antidoto contro chi aveva scatenato la crisi economico-finanziaria del 2008”. Così Giuseppe De Lucia Lumeno, segretario generale di Assopopolari.
“Il progetto di costringere la finanza a fornire un equo risarcimento all’economia reale attraverso una tassa sulle transazioni a livello europeo è, formalmente, ancora in essere ma a Bruxelles la discussione sulla sua attuazione viene rinviata di riunione in riunione e mai realmente affrontata con un’ultima proposta della Commissione vecchia, ormai, di cinque anni. La proposta sulla quale si discute, seppur in modo inconcludente da quasi 10 anni a Bruxelles, è universale: 0,1% per azioni e obbligazioni e 0,01% per i derivati. Una tassa che – spiega De Lucia Lumeno -, se fosse applicata da tutti i 28 Paesi dell’Unione, produrrebbe quasi 60 miliardi l’anno. Molto probabilmente questa proposta verrà archiviata visto che quasi tutti i Paesi si sono tirati indietro e con soli 7 Paesi su 28 il progetto è, evidentemente, da considerarsi sulla via del tramonto. A questo disinteresse dei più – aggiunge – si aggiungono poi le oggettive complessità su come regolare le esenzioni per i Paesi non partecipanti e come evitare che la tassa pesi sulle operazioni relative ai titoli pubblici che nessun Paese vuole mettere a rischio. Ma, a chiudere, forse definitivamente, la discussione sulla Tobin Tax è l’allentarsi della spinta anche da parte dei Paesi che ne erano i più convinti, Germania e Francia. Motivo? La Brexit. Se a prima vista, l’autoesclusione della Gran Bretagna dall’Europa sembrerebbe favorire i progetti di vincoli sulla finanza, in realtà gli investimenti e gli investitori in fuga dalla City sono oggettivamente un bottino appetibile e non stupisce, dunque, che Francoforte come Parigi, ma anche Milano come Dublino, stanno facendo di tutto per attirare il ricco flusso di transazioni finanziarie che ruotano attorno a Londra e che, dopo la Brexit, cercano una nuova collocazione. In questa attività promozionale, come è evidente, una tassa in più non può che essere considerata un handicap da evitare”, conclude.
25 gennaio 2017